di ANTONIO LUDOVICO

C’era un’epoca in cui il calcio era un gioco virile, pesante, non “roba per femminucce”, un’epoca gloriosa in cui si assisteva di continuo ai rinvii detti “alla viva il parroco”, in cui il motto principale era “primo non prenderle” oppure “palla lunga e pedalare”. 

Ebbene, la storia di Enrico Nicolini, detto il Netzer di Quezzi (dal suo quartiere genovese) s’innesta perfettamente in quell’epopea che sembra così lontana da apparire immaginaria, dove il calcio proletario fatto di fatica e di corsa aveva risvolti più umani e meno elitari. 

Cresciuto nella Samp, Nicolini detiene un primato tuttora imbattuto, ossia quello di aver esordito, unico genovese blucerchiato fino al midollo, in un derby della Lanterna (17 marzo 1974) subentrando ad un mostro sacro come Giovanni Lodetti, infortunatosi ad una spalla. 

Era il 44’ del primo tempo di un pomeriggio di quasi primavera e da allora il mediano dalla chioma come il sole cominciò a calcare tutti i campi della serie A, macinando chilometri come solo i maratoneti riescono a fare. 

Nel Catanzaro di Ceravolo e Di Marzio visse poi stagioni magnifiche, da protagonista corridore alle spalle di Palanca, l’uomo che tramutava in oro tutto ciò che toccava, tra cavalcate impetuose e recuperi prodigiosi. Anche se nel suo gioco, nel corso degli anni ci fu un ‘evoluzione qualitativa che lo proiettò come un centrocampista moderno, capace di difendere, ma anche di andare facilmente a rete (237 presenze in A e 25 reti, alcune anche di pregevole fattura). 

Ma i catanzaresi, così come sicuramente i doriani, di Nicolini hanno un ricordo meraviglioso, fatto di passeggiate sul corso Mazzini, gite al mare nella vicina Soverato, duelli all’arma bianca con chiunque capitasse dalle sue parti. 

E poi, tanta generosità, tanti sorrisi, addirittura un episodio curioso contro il Torino, datato 12 dicembre 1976 che non può non essere raccontato: il Catanzaro perdeva 4-0 e Michelotti annullò un gol apparentemente regolare a Palanca, quando in campo volarono decine di arance all’indirizzo della giacchetta nera e si formò un parapiglia che durò qualche minuto. 
Giusto il tempo per il biondo centrocampista di tirarsi fuori dalla mischia ed assaporare quei frutti "gentilmente" offerti dal settore distinti del vecchio Militare.

Ma il Netzer italiano vanta anche un altro record che pochi conoscono: infatti fu l’inventore del cucchiaio, grazie ad un rigore coraggiosamente battuto con la maglia dell’Ascoli, altro che Totti! 

E poi la carriera di allenatore, un excursus di tutto rispetto come secondo di Mandorlini con il quale vinse con il Cluj scudetto e coppa rumena.

Ma l’episodio probabilmente più significativo, quello che lo relegherà negli annali di un calcio che non c’è più, sta tutto in quel "secco rifiuto" a seguire il suo mister allorquando lo chiamò il Genoa in affannosa ricerca dei punti salvezza. 

Da vero blucerchiato disse di no: "Non me la sentivo, avrei mentito a me stesso".

Gesto che lo eleverà agli occhi di tutti come personaggio vero (da allora divenne addirittura un tatuaggio sulle braccia di qualche tifoso illustre), grande uomo prima che atleta di livello, generoso e umile come solo i grandi sanno essere.

Sezione: Catanzaro / Data: Mer 15 aprile 2020 alle 17:15
Autore: Antonio Argentieri Piuma
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