di un vecchio militante degli Uc ‘73

Il fuoco della ribellione che a cavallo della fine degli anni 60 infiammava l’Europa, la svolta generazionale tentata e rimasta poi una pia illusione, non potevano rimanere ai margini senza coinvolgere la passione più diffusa e popolare che dal suo avvento e fino ai giorni nostri risulta essere quella per il calcio! 

Proprio in quegli anni in Italia nascevano i primi gruppi di tifosi organizzati; uniti dal comune denominatore della fede per i colori della propria squadra, le avanguardie giovanili delle metropoli iniziavano ad occupare gli spalti dei settori popolari degli stadi italiani, proponendo un modo differente di sostegno alla squadra stessa. 

La curva diventa un luogo di socializzazione e la galassia ultras la manifestazione non convenzionale del vivere la passione popolare che si identifica con l’amore per la “maglia”.

Certamente le mode e le tendenze in quegli anni impiegavano più tempo per raggiungere Catanzaro, la comunicazione mass-mediatica non aveva la velocità siderale dei giorni nostri in cui ci si muove alla velocità della rete e neanche quella della seconda metà degli anni ’80 in cui le televisioni commerciali avviavano il processo di omologazione dei costumi e del pensiero.

Ma la migrazione lavorativa e quella universitaria contaminavano le nostre abitudini e, quindi, quello che era lo spontaneismo del tifo del “cha cha cha/cha cha cha/ capoluogo e Serie A”, pian piano mutava con l’emulazione delle altre tifoserie organizzate italiane.

La folle corsa di Mammì Anche a Catanzaro, in cui era viva e recente la magnifica cavalcata della prima serie A, il gol di Angelo Mammì alla Juventus e la sua folle corsa sotto la curva est dell’allora "Militare", si formò il primo nucleo di tifoseria organizzata. Era costituito da un gruppo di studenti universitari fuori sede, che insieme a quella gioventù catanzarese di matrice essenzialmente borghese, che già in quegli anni frequentava i giardini di San Leonardo, in maniera abbastanza spontanea si ritrovava nell’angolo alto della Tribuna Coperta Est, lato tribuna numerata. 

Era il 1973 ed erano gli anni in cui Piergiorgio, Nicola, Nando, Mimmo, Michele, Aldo, Andrea, giusto per citare qualche nome sicuramente non di fantasia, importavano il modello del tifo organizzato di Firenze, nel nostro stadio. 

Ancora non si percepiva l’importanza di riconoscersi dietro uno striscione ma il passo non sarebbe stato lungo. Ed infatti, nella stagione successiva, la prima dell’era Di Marzio, sulla rete di protezione della Tribuna Est campeggiava uno striscione, sfondo bianco, con l’immagine stilizzata del rapace che calciava un pallone che mandava in frantumi i caratteri cubitali della scritta rossa AQUILE SELVAGGE

Tutto ovviamente realizzato a mano, computer sui tre colli, e non solo, all’epoca era una parolaccia! grazie alla pazienza ed alla perizia di un grafico pubblicitario neanche tanto sfegatato tifoso! 

C’è da dire che quell’anno aleggiava a Catanzaro una grande euforia: il capopopolo Gianni Di Marzio, riuscì a creare un entusiasmo pazzesco nella nostra città: era la stagione del "dirindindì, dirindindà", tanto per intenderci; 

ogni sabato pomeriggio, partivano le sfilate per le vie congestionate di Catanzaro con clacson strombazzanti e bandiere dai finestrini delle macchine! Robba seria! 

E nascevano tante altre cellule di tifo pseudo organizzato, espressioni per lo più rionali di cui val la pena citarne una per tutte: il gruppo del Baraccone, capitanata dal mitico Roberto, che si caratterizzava per i primi bandieroni e che si posizionava nel settore Distinti, esattamente dietro la panchina avversaria!

I Ventimila di Terni Quell’anno è tristemente impresso nella memoria dei tifosi giallorossi per l’infausto epilogo culminato con l’esodo verso Terni di circa 20.000 giallorossi che assistettero alla sconfitta delle aquile nello spareggio per la Serie A con il Verona. Quella partita fu una pietra miliare per il movimento Ultras catanzarese.

Sebbene in netta inferiorità numerica, i veronesi non raggiungevano le 2.000 unità nello spicchio di curva loro riservata, le Brigate Gialloblù dimostrarono come un gruppo ben organizzato potesse essere più incisivo in termini di supporto alla squadra rispetto ad una marea umana, quale quella giallorossa, che però non aveva una leadership cui far riferimento.

Il campionato successivo si vinse e si ritornò in Serie A e per volontà del solito mister Di Marzio si compì il primo processo di aggregazione dei gruppi: le Aquile Selvagge traslocarono nei Distinti per unirsi ai tifosi del Baraccone. 

Il colpo d’occhio dei Distinti era oggettivamente bello: l’effetto dei bandieroni nella prima di campionato, Catanzaro-Napoli, non aveva nulla da invidiare alle gradinate di Marassi dei nostri giorni! 

Il Militare aveva subito nel corso dell’estate un maquillage non da poco: si ricavarono da ogni gradone delle curve due scalini e si abbassarono gli spalti fin al livello del terreno di gioco, in modo da aumentare la capienza e portare il pubblico a ridosso dei calciatori creando un effetto “Terrace” che avrebbe dovuto dare la spinta in più alla squadra, incutendo timore agli avversari. 

Fu anche la stagione dei primi dissapori tra il mondo ultras catanzarese e la società che per evitare di prendere multe da parte della Lega impedì l’accesso dei tamburi dentro lo stadio; comparvero le prime scritte sui muri della citta a firma A.S (Aquile Selvagge); una per tutte: “O suoniamo i tamburi o suoniamo Ceravolo!” 

Trasferte oceaniche al Nord Ma quello che rimane più impresso di quel campionato è l’inimmaginabile seguito che il Catanzaro aveva nelle trasferte al Nord! Decine di migliaia di tifosi giallorossi riempivano gli stadi! Certamente ancora la tifoseria non si presentava compatta e sotto la guida del gruppo Ultras, anche perché si era tutti Ultras: chi non ricorda, o per le nuove generazioni chi non ha mai sentito raccontare, l’invasione di campo al vecchio Comunale di Torino. 

La guerriglia al vecchio Comunale di Torino Nelle vie adiacenti lo stadio fino a notte inoltrata, quale reazione al gestaccio del “barone” Causio. Tutto questo accadeva in un Juventus-Catanzaro, con la polizia che in assetto di guerra cercava vanamente di arginare la rabbia sociale degli emigrati calabresi che identificavano nel giallorosso delle nostre maglie. 

Il desiderio di riscatto e di ribaltamento dei valori nei confronti di quella Torino sabauda, che da un lato gli dava da vivere e da mangiare e dall’altro li mercificava con lo sfruttamento del loro lavoro nelle fabbriche? Comparvero sui muri della nostra citta altre scritte, siglate A.S. del tipo “Nord vaffanculo! Invaderemo ancora! 

In ogni caso, anche quell’anno, dopo la sconfitta in un match-spareggio alla penultima di campionato contro un'altra nobile in ambasce del campionato, il Milan di Rivera per intenderci, riprovammo l’ebbrezza della... retrocessione!

Stagione ‘77/’78 Poco male! Si saliva e si scendeva dalla serie A con estrema leggiadria! Ed infatti l’anno seguente con Sereni in panchina si ritornò nella massima serie. Quel campionato, 1977-1978 fu di importanza fondamentale per la storia degli Ultras Catanzaro!

Gli Ultras Palanca Il gruppo storico delle Aquile Selvagge ad inizio campionato era allocato al solito posto nei Distinti; intanto da San Leonardo prendeva le mosse un altro gruppo a matrice di quartiere, ben strutturato perché composto da amici residenti nel medesimo rione, omogenei nel credo politico ed anche numeroso: gli ULTRAS PALANCA (U.P.) dei vari Leandro, Armando, Totò, Ciccio, Maurizio, Ezio, Paolo, Tonino.

Anche quell’anno la tifoseria giallorossa si rese protagonista di episodi di violenze negli stadi, ragion per cui il nostro terreno di gioco fu squalificato; proprio in occasione di una di queste gare in campo neutro, disputata il giorno di San Silvestro a Reggio Calabria contro il Bari, venne sancita la fusione di fatto tra le Aquile Selvagge e gli Ultras Palanca. 

Chi scrive questo pezzo all’epoca aveva poco più di 13 anni e frequentava le Aquile Selvagge dalla loro nascita; quel 31 dicembre insieme a qualche altro elemento del nostro gruppo, la cui maggior parte raggiunse Reggio con auto private o disertò la partita, trovammo ospitalità sull’autobus degli Ultras Palanca. 

Curva Ovest Malgrado le divergenze di opinione su tante questioni, e non solo tipicamente da stadio, si convenne che era necessario metter da parte i personalismi, superare le diversità, far unico blocco in un settore dello stadio, ingrossare le fila e guidare la tifoseria in maniera unitaria. Ovviamente si decise di affiancarci agli U.P. nella parte alta della Curva Ovest lato Tribuna; da li in avanti la Curva Ovest, salvo isolate esperienze di qualche gruppo nella curva opposta, divenne il cuore del tifo catanzarese.

Gli anni successivi furono gli anni della Serie A! cinque stagioni consecutive nella massima serie! 

La prima volta di ULTRAS È ben vivo nella mente la prima comparsa dello striscione bianco con la scritta rossa ULTRAS.

Ma i ricordi più belli sono legati alle trasferte oceaniche, rigorosamente senza scorta, perché allora la scorta non era prevista! 

Firenze che anche negli anni precedenti il gemellaggio, che botte ragazzi! Piazza Duomo sembrava San Leonardo già dal sabato pomeriggio, con Pasquale che dirottava il primo autobus dell’ATF su cui salivamo perché dovevamo arrivare allo stadio a prescindere dal percorso di quella linea! 

O Milano, con tutto il secondo anello di San Siro, al netto della Sud della Fossa e delle Brigate, dipinto di giallorosso, che cantava “Tornerete in Serie B!” e gli altoparlanti che invitavano la tifoseria di casa a lasciar defluire i tifosi del Catanzaro prima di lasciare lo stadio! 

Roma, Perugia, Bologna, la richiesta di gemellaggio dei napoletani davanti al San Paolo; la rivolta per la cessione di Palanca al Napoli.

Come si fa a dimenticare la paura per l’incendio scoppiato in curva provocato dai ciuffi di coriandoli e spento con i tamburi riempiti con l’acqua presa dai bagni sotto i gradoni della curva, durante un Catanzaro Juventus in cui Mattolini ipnotizzava Causio che mandò il rigore a sbattere contro il palo? 

O le "fumogenate" con i "copponi" che portava il solito studente fuori sede di Roma soffiandoli tante volte ai romanisti che si rifornivano alla stessa azienda pirotecnica della capitale; 

O gli scontri con il CUCS in quel marzo del 1981 sotto la Curva Est con tanto di presa dello storico striscione ai capitolini ma subito restituito quale gesto di rispetto e gratitudine nei loro confronti per aver aiutato Mario, uno dei nostri, rimasto sotto la polizia durante gli incidenti? 

La semifinale di Coppa Italia con l’Inter del 10 aprile 1982, palo di Sabato in un sabato Santo in cui sempre lo stesso tifoso fuori sede di Roma, durante il walkaround dei neroazzurri prima della partita litiga con Altobelli perché aveva segnato il gol del 2-1 che ribaltava il risultato dell’andata a San Siro! 

La veglia del tifoso la notte prima del 16 maggio 1982 perché arrivavano i siciliani per tifare la Juventus (nostro striscione: Solo i bastardi tifano Nord!) che con il rigore di Brady vince lo scudetto! 

E poi è sempre viva nella mente di chi ha vissuto quegli anni da ultras, quel muro che era la curva: stracarica all’inverosimile di gente ed i cui boati erano davvero terrificanti! 

Ma soprattutto è indelebile in chiunque abbia palpitato con cuore ultras cosa significhi essere un ULTRAS CATANZARO!

Sezione: Catanzaro / Data: Mar 07 aprile 2020 alle 17:10
Autore: Antonio Argentieri Piuma
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